la Conoscenza Storica

Presentazione a Palazzo Marino degli atti del Convegno ‘I Pellegrinaggi e i Templari a Milano’ (2004)

Presentazione a Palazzo Marino, con l'Assessore Giulio Gallera e Mons. Giovanni Balconi, degli atti del Convegno 'I Pellegrinaggi e i Templari a Milano' (2004)

Presentazione a Palazzo Marino, con l’Assessore Giulio Gallera e Mons. Giovanni Balconi, degli atti del Convegno ‘I Pellegrinaggi e i Templari a Milano’ (2004)

Grazie al patrocinio dell’Assessore al Decentramento, dott. Giulio Gallera, è stata pubblicata e presentata a Palazzo Marino, la lunga ricerca negli Archivi Braidense, Trivulziana, Civica Raccolta Bertarelli, Archivio Diocesano di Milano, Archivio Storico di Milano, realizzata dal Gruppo culturale dell’Associazione Amici Cascina Linterno (Massimo de Rigo, Renato Bosoni, Gianbattista Vida, Sergio Corada, Giancarlo Dalto) confluito poi nel CSA Petrarca assieme a Roberto Gariboldi, relatore del Convegno e archivista della Certosa di Garegnano.

È importante e significativo che in occasione del Giubileo del terzo millennio, le Istituzioni milanesi abbiano la giusta attenzione verso le radici storiche che hanno reso potente e autorevole la nostra antica Città.

I Templari arrivano a Milano, nel maggio 1135, al seguito del grande Bernardo di Clairvaux, immediatamente dopo il concilio di Pisa.
La città si era schierata con l’antipapa Anacleto II e l’imperatore Corrado III, contro il legittimo papa Innocenzo II e l’imperatore Lotario III. Ma i milanesi erano esausti per questa durissima lotta. Giunse a Milano Bernardo con i suoi monaci-cavalieri bianchi: una scorta armata e di provata fedeltà se gli eventi lo avessero richiesto. La loro presenza austera e risoluta influenzò, senza dubbio, la folla convenuta assieme ai prelati, per il giudizio nei confronti del vescovo ribelle Anselmo che fu costretto ad allontanarsi. Bernardo ebbe la possibilità di parlare liberamente e riuscì a infiammare gli animi dei convenuti a favore della Chiesa di Roma e del suo legittimo Papa. La sua azione proseguì con la fondazione di Chiaravalle e con l’insediamento della Militia Templi presso il Brolo, un mitico bosco posto fuori Porta Romana e poco distante dalla Basilica di San Nazaro. E’ interessante l’abbinamento tra il Brolo e la Foresta d’Oriente, nello Champagne, dove sorse l’Abbazia di Clairvaux, la prima culla dell’Ordine: entrambi erano boschi sacri all’epoca degli antichi Celti. All’inizio fu una semplice e modesta casa, successivamente si trasformò in una Mansione, una vera e propria Commanderia Militare, comprendente la cappella, chiamata Santa Maria del Tempio. Posta tra le attuali vie Santa Barnaba e Commenda (che ricorda, appunto, quella templare), si collocava fuori dalle mura tra Porta Romana e Porta Tosa, tra le vie d’accesso alla città, immersa nella campagna e in grado di schierare con rapidità la Cavalleria in un ampio raggio d’azione.

Attorno a Milano, l’Ordine del Tempio aveva inoltre terre coltivate, boschi, cascine, botteghe, officine, mulini e mandrie.
Teneva mercati e fiere, in giorni o festività fisse, che richiamavano grandi folle.
Come afferma lo storico Alessandro Colombo, il primo documento milanese che fa cenno dei Cavalieri del Tempio è una pergamena del 9 aprile 1142, in cui si legge che Ugo e Guglielmo “Giringelli” donano all’Abbazia di Chiaravalle, sita “in loco roveniano” un campo nella località di Vicomaggiore. L’atto fu rogato “in curte de Templo”. Dalla lettura di un altro documento del 1149, si rileva che il precettore templare Bonifacio, in seguito divenuto Maestro d’Italia, e i frati della mansione milanese, concedono a livello perpetuo al diacono della Chiesa di Milano, le terre che il confratello deceduto fra’ Dalmazio “de Verzario”, aveva lasciato alla “domus Templi” ambrosiana.
Il conte Giulini – uno dei massimi storici della Milano medievale – riporta il testamento di un cavaliere templare milanese: Alberico, di legge longobarda, della famiglia “de Ferrariis” che, prima di partire verso la Terrasanta, lascia in eredità i suoi beni ad alcuni “hospitalia” e chiese di Porta Vercellina.

Durante l’epopea delle Crociate compare ripetutamente a Milano l’imperatore Federico Barbarossa di Svevia, il protagonista di due Crociate, che trovò un grosso ostacolo al suo obiettivo di identificare la Cristianità nel Sacrum Romanum Imperium: Milano e la sua grande voglia di indipendenza. Fu costretto, infatti, a scendere ripetutamente in campo per riaffermare l’autorità imperiale. Spesso troviamo Barbarossa abbinato ai Cavalieri del Tempio, come dai documenti dell’epoca. Secondo gli storici milanesi Sire Raul e Ottone Morena, Federico Barbarossa, quando discese a Milano con il suo esercito nel 1158 per punirla di aver distrutto Lodi, città a lui fedele, dimorò nella mansione del Tempio, allorché cinse d’assedio la città che poi capitolò per fame. Sire Raul scrive che il Barbarossa fu ospitato negli appartamenti superiori della mansione del Tempio. Un’altra volta dimorò, nel 1162, “…presso la Chiesa di Ognissanti, che è la chiesa del Tempio…” quando decise di radere al suolo la città dopo l’ennesima ribellione. L’ubicazione della Chiesa templare di Ognissanti non è accertata, ma la vicinanza della precettoria di Santa Maria del Tempio con la Basilica di San Nazaro Maggiore in Brolio (in corso di Porta Romana) dedicata a tutti gli apostoli e la presenza qui di tombe con “croci patenti” può far ritenere che le due chiese fossero in stretta relazione.
Altre mansioni templari extraurbane vengono dislocate lungo le principali vie di pellegrinaggio e di accesso alla città. Ricordiamo Castel Negrino (a nord, sulla via Regina, che veniva percorsa dagli eserciti imperiali), Zunico (a sud, lungo il “Senterium mediolanensis” verso Piacenza) e Rovagnasco (a est, sulla Palmaria, verso Costantinopoli). A Borghetto sul Lambro esiste ancora una grande cascina, la “Cà di Frà”, che corrisponde all’antica Commenda templare detta “d’Inverno”.

La documentazioni ad ovest, verso la via Francigena, è frammentaria, ma con pazienza si è cercato di radunare gli indizi della presenza templare a Milano su questo importante percorso che collegava Milano e la Lombardia con la Francia e il centro Europa.
Non dimentichiamo che dopo la soppressione dell’Ordine del Tempio, fu comandato agli scalpellini di eliminarne simboli, croci patenti e qualsiasi altra testimonianza.
All’incrocio di due antichi percorsi (un tratto della “Francigena” corrispondente alla via Novara ed un percorso alternativo della “ Regina” che attraversava la Pieve di Trenno) troviamo il vecchio borgo di Quarto Cagnino dove una colonna sormontata da una croce ci ricorda che anche in quel luogo esisteva un lazzaretto, forse precedente a quello della grande peste, probabilmente risalente all’Ordine di San Lazzaro, che raggruppava i cavalieri colpiti dalla lebbra in Oriente. Essi indossavano un mantello bianco con la croce verde e si dedicavano alla cura di chi era affetto dal terribile male. In genere, vicino agli insediamenti templari fuori città c’era anche il lazzaretto, al quale i monaci-combattenti davano sostentamento materiale, come nei pressi della principale Precettoria templare, Santa Maria del Tempio in Brolo dove esisteva un lazzaretto che divenne poi nei secoli l’Ospedale Maggiore.

Le precettorie, le “grangie” e gli “hospitalia” dei Templari erano decorate da simboli inconfondibili: inizialmente la “doppia croce patriarcale” e quindi, dopo la metà del XII secolo, la “croce patente” con bracci triangolari aperti in fuori.
Sull’antica via dei pellegrini, un tempo costeggiata da fontanili, che corrisponde oggi alla via Fratelli Zoia, troviamo Cascina Linterno, l’antica “Infernum” del XII secolo. In questo luogo la presenza dei Templari è molto probabile: un monumento citato dalle pergamene della Canonica, l’hospitale di San Giacomo al Restocano da cui dipendeva la Cascina, è elemento unificatore con i “cavalieri del Tempio”. Un testamento del 6 giugno 1152 lo accomuna nei lasciti, infatti, ad altri due monumenti di monaci-cavalieri: la precettoria di Santa Maria del Tempio e l’hospitale di Santa Croce. La Cascina ha nel suo territorio due antichissime “marcite” ancora funzionanti; al suo interno l’edificio più antico, da cui s’intravedono arcate romaniche, è sostenuto da due colonne con capitelli a testa di cavallo su cui sono incise “doppie croci patriarcali” con fregi successivi. L’origine di queste colonne è sconosciuta, ma riaffiora l’antico simbolo dei Sumeri, dei faraoni, degli Ebrei che Cistercensi e Templari ripresero: simbolo dell’armonia che è sostenuta dal potere temporale e quello spirituale. Altre due colonne con lo stesso tipo di capitello ma senza monogramma, sono state ritrovate recentemente, nel vicinissimo borgo di Quarto Cagnino. Quasi certamente, le due colonne di Cascina Linterno identificano la presenza di una “grangia templare” (dal francese “grange”), cioè un complesso di edifici e terreni tenuti da una comunità di Frati Templari. Anche il bassorilievo raffigurante una croce “templare” nella volta del portone d’ingresso dell’adiacente Cascina Barocco fa supporre che le cascine Linterno e Barocco costituissero quindi un’unica “grangia”, con due livelli gerarchici paralleli: quello militare, in difesa dei pellegrini, costituito principalmente da cadetti e borghesi, e quello conventuale il cui vertice era rappresentato dall’Abate; il sorvegliante dei lavori agricoli era rappresentato dal monaco grangiere.
Si può osservare il complesso fortificato della grangia di Infernum/Linterno con torre di guardia in una tavoletta attribuita a Petrarca, residente nella Cascina durante il periodo milanese (dal 1353 al 1361) allorché fu ospite dei Visconti.

Fino a pochi anni fa, a Cascina Linterno si tramandava a ferragosto, da tempi remoti, la Festa di Santa Maria Assunta a cui è dedicata la chiesetta. Il titolo maggiormente attribuito alle case e chiese del Tempio era Santa Maria per l’amore e la devozione particolare che essi le tributavano e la Festa dell’Assuzione della Beata Maria del 15 agosto era una delle festività più sentite dall’Ordine del Tempio.
San Bernardo, definito da un contemporaneo “intimo alunno della nostra Signora” si prodigò per il culto della Vergine, cui dedicò innumerevoli fondazioni.
Si racconta che in gioventù il Santo stesse pregando inginocchiato davanti alla statua di una Madonna nera, quando dal seno della Vergine caddero tre gocce di latte sulle labbra del futuro fondatore dei Templari. Mentre predicava, ricorreva al termine: “NOTRE DAME” per definire la Santa Vergine, in seguito lo stesso termine fu usato anche nel linguaggio Templare. Bernardo si differenziò dalla Chiesa nella trattazione di alcuni dogmi riguardanti la Madonna: rischiando l’eresia cui la Chiesa non osò mai condannarlo, rifiutò di riconoscere la Vergine come “Immacolata Concezione” ma la intese come la “Grande Madre Generatrice” un’espressione che potrebbe ricollegarsi al culto della “Madre terra” il simbolo universale della fecondità, uno degli antichi “miti” da cui rimasero affascinati i cavalieri dell’Ordine Templare. Sensibili al richiamo di ogni dottrina esoterica, influenzati dalle scienze e dalle religioni Orientali, svilupparono così una propria liturgia mistico-esoterica legata alla “Madonna nera”, la cui origine potrebbe risalire ai primi cristiani. La Santa Vergine veniva rappresentata riutilizzando simulacri di divinità femminili delle antiche religioni pagane, ad esempio, le nere statue in ebano dedicate a Iside, il cui culto era largamente diffuso nel mondo antico. Anche il volto di Gesù venne copiato dalla Sacra Sindone, (allora conservata a Edessa) e le sacre riproduzioni si diffusero in tutto il mondo cristiano dell’epoca. Si deve ricordare che la Chiesa Ortodossa proibiva di inventare immagini religiose; si poteva solo ritrarle da copie derivate dall’originale. Nella Chiesa cristiana orientale questo particolare modo di rappresentare le figure religiose è chiamato “icona” (immagine).

Tornando sulle tracce dei Templari, ad ovest di Milano è stata recentemente scoperta, nella chiesa di San Giovanni Battista a Cesano (l’antica Capo Pieve di Cascina Linterno) una tomba del XII secolo con le pareti dipinte con “croci patenti rosse”. La tomba è stata rinvenuta già violata ma il riferimento immediato va ad un personaggio molto importante collegato ai Templari. Tombe analoghe si trovano solo nel Duomo di Monza e nella già citata Basilica di San Nazaro Maggiore in Brolio, adiacente alla precettoria templare di Santa Maria del Tempio in Brolo.

Per le affinità con i monaci cistercensi furono definiti “la milizia armata di San Bernardo”. Ne portavano gli stessi colori: il nero, simbolo della terra e il bianco, quello del cielo. In Occidente furono grandi civilizzatori: costruirono hospitalia (cioè ostelli per i pellegrini), chiese e villaggi, ponti e strade, mulini.
La necessità di inviare ingenti risorse in Terrasanta li costrinse all’uso delle tecnologie più avanzate. Conoscevano la coltivazione intensiva a “marcita”, che rendeva fertili anche le terre più povere. Una fitta rete di dimore templari ricopriva tutta l’Europa. In Italia erano chiamate “precettorie”, “grangie” o “mansioni” a seconda della loro importanza. Spesso erano solo case fortificate al centro di un borgo rurale. Il reclutamento era locale; per i più poveri la dipendenza dall’Ordine era una garanzia: lavorare per il Tempio significava essere svincolati da qualsiasi altra autorità e la sicurezza di una serena vecchiaia, poiché i Templari rispondevano solo al Papa ed erano esenti da vincoli con la nobiltà e altre gerarchie ecclesiastiche.
Erano amministratori attenti, preoccupati di trarre dai beni gestiti il maggior profitto, molto flessibili e portati all’innovazione. Il ricavato della vendita dei loro prodotti veniva direttamente inviato in Oriente, utilizzato per nuovi reclutamenti o usato per l’acquisto di armi e di cavalli. Le “precettorie” erano complessi fortificati autosufficienti, comprendenti il convento, con mura e torre di vedetta, la cappella, la foresteria, la scuderia e il cimitero.

Il motto dei Templari era “non nobis, domine, non nobis sed nomine tuo da gloriam” (non a noi, Signore, non a noi ma al tuo nome dà gloria). Il loro emblema la croce patente rossa, simbolo dell’estremo sacrificio per difendere il Cristianesimo, che li differenziava dalla croce bianca degli Ospitalieri, da quella nera dei Teutonici e da quella verde di San Lazzaro.

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